Ti ricordi del Grinch? È il protagonista di un racconto fantasy, un mostriciattolo verde, brutto, rancoroso e scorbutico che odia il Natale e allontana le persone da sé a causa di una grande umiliazione subita da giovane.
Ha il cuore due volte più piccolo del normale e maltratta in più occasioni perfino il suo unico amico, Max, il suo cane. A causa della sua difficoltà a vivere con le altre persone, si rifugia lontano dalla città, da solo.
Da quando ho iniziato il mio percorso in collaborazione (al Summer Camp di quest’anno arriviamo a quota 8 anni precisi) ho vissuto, per moltissimo tempo, in una condizione in cui, comparando me stessa con molte persone che collaboravano con me, notavo veramente moltissime differenze.
Guardavo il mio Istruttore, Massimo De Donno, i potenziali istruttori, molti collaboratori e mi sembrava di essere il Grinch nel paese dei supereroi! Loro erano solari, le persone avevano facilità ad amarli, avevano tanti amici, erano simpatici, raramente discutevano con qualcuno.
E poi c’ero io, che prima di collaborare avevo due amiche soltanto, due. Non mi piacevano molto le persone, anzi, pensavo che mediamente la gente fosse una massa ignorante e superficiale, incapace di capire le cose veramente importanti della vita. Ero anche molto cinica, se mi trovavo di fronte a delle modalità particolarmente amichevoli e a delle persone che, anziché soffermarsi sui problemi e le disgrazie della propria vita e lamentarsene, come facevo io, tentavano di vederne il lato positivo, mediamente il giudizio che davo loro era quello di “illusi creduloni immaturi di cui non fidarsi”.
E anche io spesso maltrattavo le uniche persone che mi dimostravano un po’ di affetto.
Me la raccontavo tantissimo, dicendomi di preferire di essere in quel modo, piuttosto che mescolarmi con la banalità degli altri, ma fondamentalmente la realtà era un’altra: ero molto insoddisfatta della mia vita, delle emozioni che provavo e delle mie relazioni. Non ero mai stata capace di essere felice davvero. Quindi anche io mi ero rintanata nel mio posto, da sola, lontano dalle persone.
In collaborazione si parla moltissimo della felicità, di cosa sia utile pensare e non pensare per realizzarla, di persone che hanno imparato ad essere veramente soddisfatte della propria vita, di strumenti, esercizi da svolgere per far crescere questa sensazione, e davvero negli anni che si sono susseguiti nel mio percorso sono cambiata molto rispetto a come sono partita. Anche il Grinch, alla fine del racconto, riesce a trovare l’amore! Se ce l’ha fatta lui, ci sono speranze per tutti!
Ma… c’è un ma! La felicità che mi ero costruita fino all’anno scorso era sempre dipesa dall’attac- camento a qualcosa o a qualcun altro.
Nei primi anni del mio percorso per diventare Istruttrice la mia felicità era spesso collegata ai risultati che ottenevo: se raggiungevo gli obiettivi ero soddisfatta, altrimenti frustrata, se i collaboratori o i potenziali che mi stavano vicino mi rivolgevano parole di incoraggiamento e apprezzamento percepivo amore, altrimenti giudizio e solitudine, se il mio Istruttore si complimentava con me mi dicevo che stesse andando tutto bene e mi sentivo importante, altrimenti in difetto.
Ti suona familiare?
E magari potresti pensare: “Che male c’è in tutto questo? È normale che se nessuno ti rivolge gentilezze e attenzioni, se non ottieni quello che ti sei prefissato, se una persona importantissima della tua vita non dice di apprezzare quello che fai, ti senta poco felice!”, ma ti dico che NON È NORMALE PER NIENTE! Ti sbagli di grosso! Anche io la pensavo così, ma non c’è fregatura più grande che tu possa raccontare a te stesso!
L’UNICO MODO PER ESSERE FELICE DAVVERO È ESSERLO SENZA BISOGNO DI AVERE NIENTE O NESSUNO VICINO, È ESSERE FELICI DA SOLI.
“Cos’è, sei passata dal Grinch al Dalai Lama?”
No.
“Quindi stai dicendo che per essere felice non devo
avere delle persone che mi amano intorno?” No.
Sto dicendo che finché sentirai il bisogno di qualcosa o qualcuno in particolare nella tua vita, qualcosa o qualcuno senza il quale non potresti sentirti pienamente soddisfatto, se non riesci a vivere senza, allora non sei veramente felice.
Sto dicendo che per essere felice davvero devi essere capace di privarti di questi elementi della tua vita e stare bene comunque. Probabilmente stai storcendo il naso e hai un’espressione perplessa leggendo queste righe, però dammi il tempo di spiegarti meglio cosa intendo. Ti ricordo che stiamo parlando di come ha fatto il Grinch a diventare capace di amare ed essere felice! Ne vale la pena. Prova per un momento a pensare a cosa, più di tutto, ti rende felice nella tua vita.
Ti è venuto in mente qualcuno?
Magari la tua famiglia, il tuo partner, un amico che ti capisce come nessun altro, il tuo cane. Oppure ti è venuta in mente un’attività?
Uno sport che pratichi, un hobby, il tuo lavoro (sei l’hai scelto bene come ho fatto io!), la collaborazione. Hai pensato ad un luogo, ad un oggetto, ad un evento? Un paesaggio che ti fa sentire libero e in pace, un ricordo di qualcosa di bello, un obiettivo che hai raggiunto e di cui sei fiero. Trovato? Ecco, adesso prova ad immaginare la tua vita senza quell’elemento.
Ti seniresti felice comunque?
Se la risposta è no, significa che la tua felicità dipende da quella cosa, da quella persona. Significa che sei dipendente. Lo so è brutto da ammettere, lo è stato anche per me quando me ne sono resa conto. Anche io avevo risposto “no, non sarei felice comunque” alla domanda che ti ho appena fatto, anche io non volevo credere al fatto che l’emozione che tutti gli esseri umani cercano potessi provarla davvero solo grazie alla presenza di una persona. Nel mio caso si trattava del mio fidanzato. Potrebbe sembrare romantico eh. Hai presente quelle frasi sdolcinate del tipo “Senza di te la mia vita non ha senso!” o “Sei la cosa più importante che ho!” o ancora “Per te morirei!” che spesso sentiamo nelle canzoni d’amore o che magari abbiamo sentito dire da un genitore riferendosi ai propri figli? Ecco, per me più che romantiche que- ste frasi, adesso, sono molto molto tristi. Mostrano palesemente l’idea che una persona ha di non poter essere abbastanza nella propria vita per poter essere felice, mostrano anche una bassissima fiducia nella propria personale importanza, nella propria autostima.
Pensaci un attimo: gli oggetti, i luoghi, le persone, ti possono essere portati via in un istante. Le persone, più di frequente rispetto a oggetti, eventi o luoghi, sono il soggetto della nostra dipendenza emotiva. Le persone possono esserti portate via da un evento spiacevole, da un’altra persona, da una decisione che esse prendono e che si allontana dal tuo percorso, da una discussione. E tu non puoi farci niente magari. Se sei dipendente, sei in un bel guaio. Sono quasi sicura che almeno una volta nella tua vita tu abbia vissuto un momento di grandissima tristezza, o rabbia, o paura, a causa della perdita di qualcosa o qualcuno sul quale avevi riposto le basi della tua felicità. Magari ti sei sentito perso o disperato. Penso siamo d’accordo sul fatto che nessuno vorrebbe volontariamente vivere momenti del genere. Bene, quando sei indipendente, capace di essere felice con le tue sole forze, questo succede molto meno! Ho detto meno, non “mai”. Non sono qui a dirti che non ti sentirai mai più solo, o triste per la mancanza di qualcuno, non voglio prenderti in giro, ma ti assicuro per esperienza personale che le sensazioni che vivi in quei momenti possono passare dalla ruvidità e il fastidio che caratterizzano il Grinch alla dolcezza di Winnie The Pooh.
Come fai, quindi, a diventare indipendente?
Lo devi scegliere. Il primo fondamentale passaggio è decidere di non voler mettere la tua felicità nelle mani di nessuno se non te stesso, rendendoti conto che altrimenti rischi di non riuscire a raggiungerla spesso, capendo che nessuno e niente può completamente darti quello di cui hai bisogno, nel modo in cui ne hai bisogno. Solo tu puoi!
Io mi sono veramente resa conto di questo dettaglio abbastanza di recente. Sei hai letto attentamente, prima ti dicevo che fino all’anno scorso sono stata tra quelle persone che si attaccano a qualcuno per sentirsi bene. Ad un certo punto questa situazione è cambiata completamente, con una velocità ed una facilità che ancora oggi faccio fatica a spiegarmi, che ancora oggi mi stupisce!
A marzo del 2016 rientravo in Italia dopo un’esperienza di poco più di un anno, tra avanti e indietro vari, negli Stati Uniti. Nei mesi precedenti a quella data, ho fatto parte della squadra di potenziali istruttori che ha permesso la crescita della sede del Genio che si trova a Sarasota, in Florida. Sono stati dei mesi incredibili! Pieni di cambiamenti, di sfide, di caratteristiche personali nuove da sviluppare, una vera e propria avventura! Ti racconterò, però, un’altra volta di ciò che ho imparato in quel periodo. Quello che mi interessa ora è commentare il “dopo USA”.
Sono rientrata a Milano convinta di rimanere tre settimane e poi di tornare nuovamente in America, quindi giusto il tempo di stare un po’ con le persone che non vedevo da tanto, la mia famiglia, i miei amici, il mio istruttore, di mangiare una pizza vera e del buon gelato. Nel frattempo il mio fidanzato, Vittorio, che attualmente è Responsabile della sede di Milano 2, e che faceva parte della squadra americana con me, era rimasto oltreoceano. Fino a quel momento io mi ero sempre appoggiata alla sua presenza quando alcune situazioni nella mia vita non andavano come volevo, lui è sempre stato una certezza per me, una persona sulla quale sicuramente avrei potuto contare, che mi avrebbe consolata se fossi stata scontenta e che mi avrebbe sempre spalleggiata. L’idea di non vederci per tre settimane non era un problema.
Peccato, però, che durante il mio soggiorno italiano mi sia stato comunicato che, per questioni relative ai documenti necessari per continuare a vivere negli Stati Uniti, sarebbe stato problematico tornare lì nei tempi che avevamo previsto, e che marzo a settembre, sei mesi. Ad agosto, in prossimità del giorno in cui avrei comprato il biglietto, ho appreso che in realtà avrei dovuto aspettare ancora per andare, almeno ottobre, forse dicembre. Insomma, non c’era certezza né sul quando né sul SE sarei potuta effettivamente tornare. Io non potevo andare la, lui non poteva venire qua.
Morale della favola? Alla fine di tutta questa storia io e Vittorio abbiamo aspettato dieci mesi per riabbracciarci. Ok certo, non è una delle cose più gravi del mondo, c’è di molto peggio, ne sono consapevole.
Semplicemente in quel momento io ero ancora nel film del “no, senza di lui non sarei felice comunque”. Ti ricordi la domanda che ti ho fatto prima, giusto? Pensa a quella cosa che più di tutto ti rende felice e immaginati che adesso ti dicessero “Da oggi in poi basta! Fine. Niente! Per tantissimo tempo, non si sa quanto, non la più fare nemmeno per un minuto, non ci puoi stare MAI.”.
Non è una bella sensazione, vero?
Quando ho capito che saremmo stati per tanto tempo lontani, ho avuto paura. Paura che mi sarebbe mancato qualcosa, che non sarebbe stato abbastanza quello che avrei potuto creare da sola. Allo stesso tempo ho capito che fosse giunto il momento, per la mia vita, di cambiare quella sensazione, che avevo passato troppo tempo ad appoggiarmi a lui, a non essere indipendente e ho capito che, altrimenti, sarebbe stato davvero pesante vivere quella separazione. Ci avevo già pensato in passato alla mia dipendenza emotiva, ma non avevo mai iniziato questo cambiamento. Quindi, come dico sempre ai miei collaboratori, ci ha dovuto pensare la vita a mettermi davanti un ostacolo più grande delle volte precedenti, di modo che sarebbe stato impossibile non vederlo e schivarlo. A questo punto c’è stato il secondo passaggio. Applicare i principi che ho imparato in collaborazione, tra tutti, nello specifico sono stati due:
- pensare che se succede qualcosa, succede per te, perché ti serve per evolvere
- chiedersi di essere la differenza nella vita delle persone che ti sono vicine
Ho pensato “Ok, io adesso sono qui, se sono tor- nata nel mio vecchio centro significa che ADESSO e QUI io sono utile. Se sono bloccata qui è perché c’è qualcosa che posso imparare per essere più forte, se siamo lontani è perché io da sola posso diventare capace di sostenermi.” e devo dirti che ducia e ho creduto così intensamente a questi principi. Di conseguenza, terzo passaggio, ho iniziato a mettere in pratica dei comportamenti differenti. Ho iniziato a chiedermi di essere ogni giorno quel- la persona che poteva lasciare un segno positivo nella vita degli altri, quando ero stanca mi sono chiesta di essere più sorridente, quando c’erano in- comprensioni tra le persone vicine a me, anziché fare il Grinch e criticare tutti, o di allontanarmi, mi sono chiesta di essere un mediatore, di vedere il punto di vista di tutti e aiutarli a comunicare, ho fatto tutti i giorni, tutto il giorno qualcosa che potesse essere utile non solo per me, ho scelto di fare sempre dei pensieri felici, di mettermi a cercare delle cose che non sapevo ancora e di impararle. In quel periodo ho capito che la persona più impor- tante della mia vita sono io.
Mi sono occupata di me.
Ho nutrito moltissime relazioni che avevo sempre tralasciato, ho trovato delle attività che mi facevano stare bene e che potevo svolgere da sola, in qualsiasi momento e in qualsiasi posto.
Mi sono chiesta in che modo “io e solo io” avrei potuto depositare un’impronta forte nel mio centro di provenienza e, con questa domanda, ho organizzato il primo Genio in 21 giorni con corsisti cinesi che non parlano italiano. Mi sono chiesta in che modo potessi spiccare davvero il volo nel mio percorso di addestramento e ho chiesto a Massimo di permettermi di iniziare ad occuparmi di un centro tutta da sola, e con questa richiesta, dopo meno di due settimane ho avuto la possibilità di andare a gestire la sede svizzera di Campocologno, dove quattro mesi dopo sono diventata Istruttrice.
Ho vissuto delle esperienze uniche che, se fossi ri- masta in America, probabilmente non avrei avuto modo di vivere. Quelli del mio ultimo anno in Ita- lia sono dei mesi che non dimenticherò mai! Ho conosciuto tantissime persone e le ho spalleggiate nella loro crescita, mi sono messa in prima linea superando i miei dubbi sull’essere effettivamente capace di farlo da sola.
Sono mesi in cui sento davvero di essere diventata una donna, di essermi presa in mano il potere sulla mia vita.
La sensazione di poter decidere IN QUALSIASI CIRCOSTANZA di essere TOTALMENTE ed AUTONOMAMENTE FELICE è uno dei tesori più preziosi che sento di aver creato nella mia vita.
mente è una capacità ed una sensazione che mi ha permesso di diventare Istruttrice, di realizzare quindi il primo grande passo importante per il mio sogno. Inoltre, essere felice per conto mio mi ha reso, senza ombra di dubbio, una persona con la quale è più piacevole stare.
Ti ricordi come ti ho detto che fossi all’inizio della mia collaborazione? Come il Grinch.
Avevo fondamentalmente tanta paura di non pia- cere alle persone, che non fossi abbastanza per po-
ter dare qualcosa agli altri, che avessi il cuore due volte più piccolo del normale. Ecco, quando sei indipendente, invece, scopri di avere molte risor- se da donare! Quando sei indipendente, le persone che apprezzi tanto riescono a percepire che stai con loro non perché tu ne abbia bisogno, ma perché ti piace! Non sei più un peso per loro, ma un miglio- ramento. Non ti nascondo che questo percorso in- teriore che ho fatto mi ha permesso di avvicinarmi molto a Vittorio, la nostra relazione è passata ad un livello di profondità che prima non conoscevamo.
Quando sei indipendente, è vero, sei felice anche da solo, ma riesci ad essere ancora più immensa- mente felice quando puoi condividere la tua vita con chi vuoi tu!
Quando sei indipendente non significa che scegli di stare senza le persone o le cose importanti della tua vita, ma che sai perfettamente che niente e nes- suno potrà mai portarti via la tua felicità!
Quando sei indipendente, trasformi una delle sen- sazioni che ti fanno più paura, nella tua forza. Di- venta il tuo super potere.
Trasformi il Grinch in un supereroe!
Sai, ho cercato su internet qualcosa o qualcuno che potesse parlarmi con le parole giuste. Avevo paura di incappare in uno di quei soliti discorsi banali (scusa se mi permetto di considerarli tali) che ti incitano a cambiare con frasi del tipo “Sorridi alla vita e la vita ti sorriderà”. Ma poi sono incappato nella tua storia e non credo mi sia mai capitato qualcosa di così adatto. Quello che mi sento di dirti(se mai ti giungerà questa risposta) chiunque tu sia e qualunque sia la tua età, è che mi sei stata molto d’aiuto e spero che le tue parole possano esserlo per molti altri che, come me, sentono superficiale tutto ciò che li circonda e abbiano bisogno di capire che le cose possono davvero funzionare quando per un attimo ci si stacca dall’inevitabile flusso di sentimenti che ci lega al mondo per viverne e farne vivere di più profondi e sinceri.