Come otteniamo gruppi coesi? In un decalogo, le regole del nostro team…
A ogni persona che desidera entrare a far parte della nostra squadra, illustriamo quali sono le regole che desideriamo vengano applicate per garantire all’interno del gruppo un clima rispettoso, costruttivo e stimolante per tutti.
E’ un codice di condotta che reputiamo universalmente valido, a prescindere dalla generazione a cui appartieni. Ciò che ci permette di farlo funzionare è che ci impegniamo tutti ad applicarlo quotidianamente.
Non si tratta di norme “scritte nel marmo”: incentiviamo sempre le critiche costruttive e le proposte di miglioramento, ma queste sono le prassi che fino ad oggi hanno dimostrato di funzionare meglio, per questo desideriamo tu le conosca.
Atteggiamento mentale positivo. Non significa banalmente “vedere il bicchiere mezzo pieno”: significa essere orientati alle soluzioni, invece che solamente ai problemi. Vuol dire credere che se ti trovi davanti a un ostacolo, si tratta di una sfida, non di una “sfiga”: nulla accade a caso. Ogni cosa che accade, può essere di stimolo per crescere, perché non finiamo mai di imparare. Alcuni saggi orientali hanno scritto che “ogni cosa che accade, è perfetta per te”, e in un certo senso hanno ragione: magari non è sempre ed esattamente ciò che vuoi, ma – se ben governata – sarà ciò che ti tornerà utile per fare un nuovo salto di qualità. Di conseguenza, se arriva qualcosa, significa che hai le spalle abbastanza larghe per superarlo e trasformare quell’esperienza in un nuovo punto di forza nella tua vita. “La vita lancia le sfide più grandi ai suoi guerrieri più forti”:
significa allenarsi a mettere energia nel fare le cose, esprimere il proprio entusiasmo davanti a nuovi progetti e anche davanti a situazioni che non vanno esattamente come vuoi. Significa imparare ad accendere il sorriso mentre fai le cose e con le altre persone, generando positività, leggerezza e gioia: non il sorriso di chi fa buon viso a cattivo gioco, ma di chi è convinto che “la vita sa quello che fa”. Significa essere persone orientate al creare piuttosto che al distruggere, ad agire per migliorare delle situazioni piuttosto che solo lamentarsi, a darsi valore piuttosto che biasimarsi, a prendersi le proprie responsabilità piuttosto che giustificare sempre gli errori con delle scuse, imparare ad apprezzare piuttosto che criticare; significa anche essere umili e non arroganti, imparare a chiedere scusa piuttosto che restare attaccati alle proprie ragioni, e nel contempo non avere alcuna paura a chiedere aiuto ad altri membri del gruppo quando sinceramente non si ha idea di come risolvere un problema.
Coerenza. Diventa un “drago” nell’applicare ciò che fai: punta a essere il migliore, con la consapevolezza che la gara non è con gli altri, ma con te stesso. Se ciò che fai è importante per te, non basta che tu “lo sappia fare”, approssimativamente; impegnati ogni giorno a fare meglio del giorno prima. Viviamo in un mondo molto competitivo, e al di là che questa situazione ambientale ci piaccia o no, dobbiamo tendere all’eccellenza. Non puoi insegnare a qualcuno a studiare in modo efficace se non sei tu il primo che possiede, allena e sfrutta certe capacità. Per trasmettere agli altri la passione e l’entusiasmo, devi essere a tua volta innamorato di ciò che insegni, e devi essere il primo ad applicarlo in modo eccelso, così da poterlo trasferire ad altri con coerenza e solidità. Chiediamo ai nostri istruttori e preparatori personali di essere degli esempi veri di ciò che insegniamo, e di approcciare la relazione con i corsisti con competenza, professionalità, e spirito di servizio.
Partecipazione Attiva. Esserci non è sufficiente: bisogna farsi sentire. Questo significa essere proattivi, andare fino in fondo nelle cose, esprimere se stessi attraverso la relazione con gli altri. Partecipare con la propria presenza, condividere, rispondere, offrire spontaneamente e in modo educato i propri punti di vista, fare in modo di lasciare un segno grazie ad un intervento o atteggiamento. Non dobbiamo sforzarci di “passare inosservati”; al contrario, se sei stato in un posto, devi aver lasciato una traccia, qualcuno dovrà ricordarsi di te, possibilmente in modo positivo. Essere proattivi significa anche imparare a chiedere se non sai cosa fare, senza aspettare che qualcuno ti dia un indicazione: proponiti, buttati, datti da fare, e soprattutto impegnati per rendere ogni posto in cui sei stato un po’ migliore grazie alla tua presenza.
Puntualità fisica e mentale. Più facile quella fisica, ovvia, significa esserci, rispettare gli impegni presi e mantenere la propria parola. Più impegnativa è quella mentale. Significa che quando sei impegnato in ciò che fai, devi essere concentrato. Se hai problemi che ti assillano, è bene che tu ti prenda del tempo per risolverli il prima possibile. Se non è possibile farlo subito, fai in modo che non ti distraggano, ma in ogni caso non “trascurarti”: sei membro di un team, ma solo attraverso la tua felicità e realizzazione personale il gruppo stesso potrà prosperare. Se possiamo dare un suggerimento che per noi è stato di successo, prima di entrare in ufficio, a lavoro, o in casa dalla tua famiglia, prima di andare per strada, prima di incontrare una persona, se stai vivendo un assillante problema personale, metaforicamente “chiudilo in un sacchetto”, mettici il nome sopra, lascialo fuori dalle dinamiche relazionali che stai per vivere, e poi, terminato l’impegno del momento, dedicati seriamente a risolverlo. L’ideale è sempre entrare in relazione con gli altri con l’atteggiamento di chi ha davvero voglia di risolvere, imparare, di trovare la chiave per trasformare ogni problema, governandolo, in qualcosa di valore. Non è così grave avere dei problemi, tutti ne abbiamo. “Solo quelli al cimitero non hanno problemi”, diceva Napoleon Hill! Basta non farli pesare alle persone con le quali ti interfacci, e nel contempo prenderti quanto prima possibile cura di te stesso e dei tuoi problemi, per risolverli, con la stessa determinazione e entusiasmo che dimostri nel lavoro.
Professionalità e competenza. Studia, migliora, eccelli da professionista e distinguiti. Fare la stessa cosa da 10 anni non significa necessariamente essere diventati esperti di quella cosa… Perché se la fai da tanto tempo e la fai sempre uguale senza innovarti, non sei esperto: sei “vecchio”. Devi impegnarti a crescere, a potenziare le tue abilità e acquisire sempre maggiori competenze, così da svolgere ogni giorno il tuo ruolo meglio del giorno prima. Se ogni giorno hai sinceramente cercato il modo di fare meglio ciò di cui ti occupi, c’è qualche possibilità che tu possa dire qualcosa di “nuovo” e di valore a riguardo. E’ così che si impara a fare la differenza: studiando e diventando più competenti ogni giorno. I giovani vogliono avere la sensazione che se imparano velocemente potranno diventare più abili e più capaci di chi li ha preceduti, di poter fare strada in modo meritocratico, “superando” la vecchia generazione: questo è comprensibile, è così da quando esiste il mondo. Se sei convinto di poter fare la differenza per il futuro, impara a vestire l’abito della professionalità e a sententirti a proprio agio: imparare a comunicare e trasmettere in modo adeguato le proprie idee, i propri punti di vista – seriamente, non seriosamente, sempre con il sorriso e traferendo agli interlocutori una bella energia – è ciò che ti permetterà di dare un contributo concreto al miglioramento dell’ambiente che ti circonda.
Rendersi utili e guidare con l’esempio. Rendersi utili per le persone vicine è il pensiero che aiuta un leader a mantenere la sua leadership, contribuire al successo del tuo compagno di squadra è quello che ti fa crescere e che ti rende a volte addirittura fondamentale per il gruppo. Abbiamo detto che viviamo in un ambiente molto competitivo: ma è difficile immaginare di poter fare la differenza “da soli”, la vera forza sta nell’impegnarci “spalla a spalla”, come un team coeso, dove le peculiarità di ognuno siano messe a sistema per arricchire tutti. Se vuoi guidare qualcuno in una direzione, devi essere tu in primis ad adottare l’atteggiamento che vorresti vedere negli altri, come diceva Gandhi: “ Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo ”. Sii tu la persona che fa vedere come si fa: sii tu a impersonificare il miglioramento. Non puoi entrare per esempio in azienda con la faccia triste, e poi rimproverare chi non mette entusiasmo o sorriso sul lavoro. Le persone guardano te, soprattutto quando hai un ruolo di leadership, per capire cosa è tollerato e cosa no, perché se lo tolleri tu, per la tua vita, può essere tollerato anche dagli altri. Con i tuoi risultati, con le tue azioni e con il tuo benessere, piuttosto che con le parole, farai la differenza e assisterai ad una vera trasformazione di ciò che ti circonda. Concretamente, significa avere gentilezza, rispetto, un certo approccio con le persone, trattare gli altri come vorresti essere trattato tu. Occuparti di prenderti cura delle persone o delle cose intorno a te, dare prima di ricevere, cercare sempre di lasciare un luogo meglio di come lo hai trovato. Quando farai tuo questo modo di essere, di vivere e di lavorare, ti verrà naturale applicarlo non solo sul lavoro, ma anche in famiglia o nelle relazioni intime. Possono apparire come obiettivi ambiziosi, ed è chiaro a tutti noi che la strada del miglioramento è lastricata di errori, e che non tutti potranno eccellere in ognuno degli aspetti qui elencati, e che non per questo saranno persone di minore valore: ma – noi pensiamo – questi sono se non altro obiettivi “verso i quali tendere”.
Dare è la migliore forma di comunicazione. Questa frase è tratta da un’emozionante “pubblicità” di qualche anno fa, a firma di una compagnia telefonica thailandese. In effetti, contribuire al miglioramento del tuo ambiente significa entrare in relazione con ciò che ti circonda e portare valore, in ogni forma possibile. Se tu porterai valore, verrai ripagato, in forma tangibile e intangibile. Significa restituire qualcosa volendo fare sempre la differenza per qualcun altro. Perché il fatto di sapere che puoi fare la differenza ti fa vivere in una sensazione di “abbondanza”: senti che “ne hai abbastanza per te tanto da volerti occupare di donare qualcosa di tuo agli altri”. Ogni anno noi insieme ai ragazzi promuoviamo un’iniziativa, il “Natale Geniale”, nell’ambito della quale doniamo dei pacchi di generi di prima necessità creati grazie all’uso di una percentuale del fatturato di ogni centro, per regalare un Natale un poco migliore a chi ne ha più bisogno e alle famiglie più povere della città. Far parte di un gruppo di persone che ha voglia di restituire qualcosa alla società, in modo incondizionato, ti permette di sentirti parte di qualcosa che è più grande, e di “chiederti di più”. Questo impegno ti permetterà di apprezzare di più ciò che già hai, e forse ti stimolerà a fare ancora meglio per il futuro.
Definire e perseguire i propri obiettivi senza porsi limiti. Ogni persona deve aver chiari i suoi obiettivi e deve riconoscere che il perseguimento degli obiettivi della squadra corrisponde esattamente a un avanzamento nei propri personali, e viceversa; a volte addirittura possono coincidere, a volte sono propedeutici. Anche qui, in base alla nostra esperienza la forma di riconoscimento più motivante in assoluto non è solo quella tangibile – economica per esempio – ma soprattutto quella intangibile: essere gratificati e apprezzati sinceramente per il fatto di aver fatto la differenza per qualcuno o per qualcosa. Per continuare a crescere e sviluppare la l’organizzazione che hai creato, devi darti obiettivi motivanti, realistici e raggiungibili, utili non solo alla squadra per farla avanzare, ma per migliorare te stesso. Attento, il detto popolare dice che “Il pesce puzza sempre dalla testa”: è come se tu fossi il “tappo” della tua organizzazione, non puoi chiedere a qualcuno di raggiungere obiettivi o di tentare di superare i propri limiti se tu per primo non sei capace o non saresti disposto a farlo, altrimenti ti rendersi debole nelle tue richieste e soprattutto incoerente. Se vuoi che le persone crescano sotto di te, invece, devono vederti sinceramente impegnato a “segnare il passo” verso obiettivi davvero motivanti.
Onestà, fiducia e sincerità. Lavorare insieme prevede il fatto di sentirsi sostenuti e valorizzati dai propri compagni, non “giudicati” o “sfruttati”. Non amiamo le dietrologie, il “parlare dietro le spalle”: riteniamo più costruttivo affrontare subito una situazione problematica con qualcuno, per evitare che un’incomprensione diventi un ostacolo vero al dare il meglio di se stessi agli altri. Si chiede il permesso, prima di muovere una rimostranza, così da potersi parlare con rispetto e finalizzando il confronto a qualcosa di concreto; si parla con schiettezza e sincerità, e si sta di fronte alle situazioni di cui sei eventualmente responsabile senza scaricarne la colpa sugli altri. Amiamo assumerci le nostre responsabilità: dire “Si, è una mia responsabilità”, non significa “prendersi la colpa”; significa rivendicare che “possiamo fare qualcosa per risolvere quel problema”, e questo è molto bello e liberatorio. Lavorare insieme deve essere – in definitiva – un modo per vincere insieme.
Le 9 regole precedenti, non sono la Bibbia. In questo elenco, abbiamo tentato – speriamo in modo efficace e comprensibile per te – di “codificare” dei comportamenti che per nostra esperienza si sono rivelati funzionali a garantire un buon clima lavorativo, il successo nel raggiungere alcuni obiettivi, e in definitiva la felicità dei nostri collaboratori. E’ difficile pensare di poter essere sempre felici, la vita è ricca di difficoltà: ma se non altro possiamo tentare di esserlo, limitando i comportamenti disfunzionali e incentivando quelli che si sono rivelati utili e positivi. Questo non significa che queste regole siano “scritte nel marmo”, o siano un “dogma”: sono solo frutto della nostra pregressa esperienza, e potrebbero cambiare in base alla nostra esperienza futura. In definitiva, potrebbero cambiare anche grazie a Te, quindi non ti “trattenere” mai quando hai qualcosa di costruttivo da dire, e da far notare, per permetterci di fare sempre meglio.
Le 9 regole precedenti, non sono la Bibbia. In questo elenco, abbiamo tentato – speriamo in modo efficace e comprensibile per te – di “codificare” dei comportamenti che per nostra esperienza si sono rivelati funzionali a garantire un buon clima lavorativo, il successo nel raggiungere alcuni obiettivi, e in definitiva la felicità dei nostri collaboratori. E’ difficile pensare di poter essere sempre felici, la vita è ricca di difficoltà: ma se non altro possiamo tentare di esserlo, limitando i comportamenti disfunzionali e incentivando quelli che si sono rivelati utili e positivi. Questo non significa che queste regole siano “scritte nel marmo”, o siano un “dogma”: sono solo frutto della nostra pregressa esperienza, e potrebbero cambiare in base alla nostra esperienza futura. In definitiva, potrebbero cambiare anche grazie a Te, quindi non ti “trattenere” mai quando hai qualcosa di costruttivo da dire, e da far notare, per permetterci di fare sempre meglio.
L’effetto finale nel tentare di seguire questo “codice di condotta”, questi principi, è che i nostri ragazzi sono motivati dallo spendere la loro vita per qualcosa che vale veramente la pena di essere fatto, e che può garantire un ritorno positivo per loro e per coloro che essi amano. Sentono di potersi distinguere, di apportare valore grazie a quello che hanno imparato nel loro ambiente, sentono in qualche modo di far la differenza, acquisiscono la consapevolezza di essere responsabili dei risultati che ottengono – e di quelli che non ottengono – e allo stesso tempo si sentono aiutati e seguiti da un gruppo, sanno che al loro fianco c’è sempre qualcuno che “fa il tifo per loro” e che crede in loro: “se vinci tu, vinco anche io…”, potrebbe essere – riassunto – il nostro motto. E questo porta tutti noi a ottenere risultati assolutamente fuori dal comune.
Benvenuto, quindi, e grazie per il contributo migliorativo che potrai e vorrai dare a questo progetto!